CAV CENTRO ANTIVIOLENZA

Francesca Palmisano: perché rivolgersi al CAV – Centro Antiviolenza Andromeda?

La violenza di genere e la scia di femminicidi sembra un fenomeno inarrestabile. Ad Alberobello, così come nei Paesi limitrofi, è attivo il CAV – Centro Antiviolenza Andromeda. Francesca Palmisano, psicologa, psicoterapeuta e coordinatrice del co-housing, chiarisce quali sono i campanelli d’allarme nelle relazioni tossiche, cosa fare e come comportarsi per uscirne.

Cos’è il CAV – Centro Antiviolenza?

I centri antiviolenza sono strutture di accoglienza per donne vittime di violenza, finalizzate all’ascolto e a fornire una serie di aiuti che vanno dal sostegno psicologico, alla consulenza legale fino ai supporti sociali. Qualsiasi donna può recarsi, basta contattarci telefonicamente al numero 339 787 1952 e prendere appuntamento. Ci sono, però, alcuni centri aperti al pubblico, come per esempio quello in Vico Silvio Pellico a Noci, dove si può accedere liberamente e senza appuntamento allo sportello antiviolenza aperto il mercoledì dalle 15 alle 18.

Cosa deve fare una vittima di violenza? Qual è la procedura?

La donna può rivolgersi al CAV Andromeda (Centro Antiviolenza) contattandoci telefonicamente oppure può venirci a trovare direttamente durante gli orari aperti al pubblico. È disponibile anche il numero nazionale 1522, le donne indicano il loro comune di residenza e vengono dirottate al CAV di pertinenza.

Cosa accade alle donne che si rivolgono a questi centri?

Le donne non sono mai giudicate. Dopo averle accolte, cerchiamo di capire quali sono i bisogni, valutiamo le condizioni ed eventualmente se ci sono minori coinvolti. La violenza domestica è un trauma e se non ci si mette al sicuro non se ne esce. Prima di procedere all’eventuale allontanamento della donna e dei minori in case protette, si valuta se ci sono risorse, anche familiari, a cui fare riferimento. Se c’è una constata emergenza, quindi un pericolo imminente, la vittima viene dirottata nelle case rifugio. Ciò va valutato ovviamente con la donna perché si tratta di un cambiamento importante per lei e per eventuali minori e, per certi versi, può rappresentare un’ulteriore violenza. Qualora non ci sia un elevato rischio si indaga sui bisogni e si offre un percorso di sostegno psicologico, cioè di consapevolizzazione dell’essere vittima di violenza per poter poi autodeterminarsi e uscire da quella dinamica. Forniamo anche supporti come la consulenza legale se si dovesse decidere di denunciare o se si volessero avviare le pratiche della separazione. Diamo supporti sociali anche economici, lì dove è necessario poiché ci sono donne che non lavorano e questo diventa la gabbia dalla quale non riescono ad uscire. Noi lavoriamo sempre in rete, su temi così complessi e difficili è fondamentale costruire la rete dei servizi.

Quando e perché una donna dovrebbe rivolgersi ad un centro antiviolenza?

Ogni donna può rivolgersi al nostro centro antiviolenza tutte le volte in cui si sente di essere in una relazione abusante, tutte le volte in cui sente di aver paura in una relazione. Ricordiamoci che la violenza è trasversale, non riguarda una specificità di donna e la vittima non proviene necessariamente da un contesto sociale sbagliato.

Cosa intende per relazione abusante?

Ci sono diverse forme di violenza. Quello che ci fa capire davvero che si tratta di violenza sono quei comportamenti più subdoli, quelle azioni più nascoste. Se l’altro tutti i giorni, o un giorno sì o uno no, mi umilia, mi scredita, mi dice che non valgo, non sono capace, questo va a ledere e a creare le ferite dell’anima. Il corpo risana, tutto sommato, se mi dai uno schiaffo sento il dolore ma poi anche il rossore passa. Le ferite dell’anima sono più toste perché, a volte, non si riescono a riconoscere e non lasciano tracce facilmente visibili.

Qual è il campanello di allarme? 

Le donne dovrebbero proprio prestare attenzione a tutti gli atteggiamenti di controllo e di possesso che nulla hanno a che vedere con l’amore. Se ti amo sono felice che tu esca con le tue amiche, che tu raggiunga traguardi e obiettivi, che tu faccia delle cose per te stessa.  Una relazione dove c’è violenza inizia come tutte le relazioni. A volte, le donne non riescono a cogliere i segnali perché figlie di una cultura che ha insegnato a non leggere determinati comportamenti e quindi possesso, gelosia, eccessivo amore diventano poi una gabbia. Si comincia con il dire che la famiglia di origine non va bene perché maltratta l’uomo oppure che le amiche portano la vittima sulla cattiva strada. Perciò si inizia a credere che questo sia vero amore e si rinuncia a tutti i pezzi importanti della vita.

Un altro aspetto di delegittimazione da parte degli uomini è dire “Se ho agito così è perché tu hai fatto o non hai fatto qualcosa”. Colpevolizzando la donna, lei metterà in atto comportamenti per fare in modo che l’uomo/marito/compagno resti calmo. Spesso il comportamento dei bambini ci fa capire tanto di ciò che accade in famiglia perché loro osservano e imparano.

Alla violenza psicologica e alla violenza fisica (percosse, calci, pugni), se ne aggiunge una più sottile che si fa fatica a riconoscere ed è quella economica. Utilizzare come minaccia le risorse a cui le donne hanno rinunciato per amore, è un modo per far restare la vittima dov’è: “Chi si occuperà di te?”, “Non hai uno straccio di lavoro”.

È possibile ricostruirsi una vita lontani dalla violenza anche con i figli? 

Sì, è difficile, è tanto difficile. La violenza produce conseguenze gravissime in chi ne è esposto però, con gli aiuti giusti, ci si può ricostruire.

Come si interviene per prevenire il problema o assistere le vittime?

Per prevenire il problema è opportuno sensibilizzare tutti quanti. Dovremmo insegnare che l’amore è libertà, libertà di essere chi si vuole. Questo andrebbe insegnato soprattutto alle bambine e anche ai bambini. Dobbiamo ricordarci che la violenza che nasce all’interno delle famiglie non è un problema delle donne, ma degli uomini che la esercitano. L’obiettivo, innanzitutto, è quello di sensibilizzare la cittadinanza a comprendere da dove deriva questa violenza perché molto spesso è nascosta, silente, silenziosa, ma è molto più diffusa di quanto ci immaginiamo.

 

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